La Suprema Corte, con sentenza n. 6439 del 17.3.2009, ebbe a decidere in ordine ad una richiesta di cancellazione di asserite frasi sconvenienti ed offensive nel giudizio di merito, evidenziando la “violazione dell’articolo 89 c.p.c. là dove la sentenza della Corte di Milano esclude il carattere offensivo delle espressioni utilizzate dal difensore degli odierni ricorrenti principali”.
Questo Studio, che curava gli interessi del ricorrente principale, evidenziò che detto motivo era inammissibile in sede di legittimità, essendo ciò una questione attinente esclusivamente al merito.
La Suprema Corte, accogliendo l’eccezione formulata dallo Studio, statuì che “la Corte di cassazione è competente ad ordinare, ai sensi dell’art. 89 cod. proc. civ., la cancellazione delle espressioni sconvenienti ed offensive contenute nei soli scritti ad essa diretti, con la conseguenza che è inammissibile il motivo del ricorso per cassazione con cui si chieda la cancellazione delle frasi del suddetto tenore contenute nelle fasi processuali anteriori, essendo riservata la relativa statuizione al potere discrezionale del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità. Per la stessa ragione non è proponibile per la prima volta in cassazione la richiesta di risarcimento danni per responsabilità aggravata, prevista dall’art. 96 cod. proc. civ., quando venga riferita al comportamento delle parti tenuto nelle fasi precedenti del giudizio”.
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